TRIBUNALE DI ROMA 
 
    Il giudice sciogliendo la riserva rilevato che: 
    1. La parte plurisoggettiva ricorrente di  cui  in  epigrafe,  ut
supra rappresentata e difesa, ha proposto ricorso a questo  Tribunale
per: 
        «1)  L'accertamento  e  la  dichiarazione  del  diritto  alla
regolamentazione con legge di ogni aspetto giuridico ed economico del
rapporto di lavoro del personale  non  dirigenziale  appartenente  ai
ruoli delle cancellerie e segreterie giudiziarie del Ministero  della
giustizia in osservanza dell'art. 108, comma 1 Cost.; 
        2)  L'accertamento  e  la  dichiarazione  del  diritto   alla
regolamentazione  del  trattamento  retributivo  del  personale   non
dirigenziale appartenente ai ruoli  delle  cancellerie  e  segreterie
giudiziarie del Ministero della giustizia con  criteri  proporzionati
alla qualita' del lavoro prestato in osservanza dell'art. 36 comma  1
Cost. e dell'art 3, comma 1 Cost.; 
        3) L'accertamento e la dichiarazione dell'inapplicabilita' al
personale non dirigenziale delle cancellerie e segreterie giudiziarie
delle norme di cui al decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165  -
Norme generali sull'ordinamento  del  lavoro  alla  dipendenza  delle
amministrazioni pubbliche - e successive  modificazioni,  recanti  la
disciplina  sulla  privatizzazione  del  rapporto   di   lavoro   dei
dipendenti delle amministrazioni pubbliche e  precisamente:  art.  2,
comma 2, decreto legislativo n. 165/2001; art. 2,  comma  3,  decreto
legislativo n. 165/2001; art. 3,  comma  1,  decreto  legislativo  n.
165/2001; art. 51, comma 1, decreto legislativo n. 165/2001; art. 40,
comma l, decreto legislativo n. 165/2001,  primo  periodo;  art.  40,
comma 2, decreto legislativo n. 165/2001,  primo  periodo;  art.  45,
comma 1, decreto legislativo n. 165/2001, primo periodo; 
        4) l'accertamento e la  dichiarazione  dell'appartenenza  del
personale non dirigenziale delle cancellerie e segreterie giudiziarie
all'Ordine giudiziario». 
    2. A tali fini, detta parte esponeva e argomentava - in  fatto  e
in diritto - quanto segue. 
    «I ricorrenti sono tutti dipendenti del Ministero della giustizia
appartenenti ai ruoli del  personale  non  dirigenziale  in  servizio
presso le cancellerie e le segreterie giudiziarie con sede in Roma. 
    I ricorrenti, in assolvimento dei compiti di ufficio,  concorrono
istituzionalmente  all'attuazione  della   funzione   giurisdizionale
espressiva del potere giudiziario. 
    Per tale qualificata connotazione sostanziale  della  prestazione
lavorativa gli istanti  posseggono  esclusiva  specifica  tipicizzata
professionalita'    ragionevolmente    meritevole     di     apposito
riconoscimento ordinamentale e di simmetrica valorizzazione giuridica
ed economica. 
    L'attivita'   d'ufficio   condotta   dai   ricorrenti,   per   la
peculiarita' che la caratterizza quanto a responsabilita' personali e
finalita' istituzionali, comporta necessariamente che il rapporto  di
lavoro alla dipendenza del Ministero  della  giustizia  debba  essere
regolamentato con adeguata coerente  normativa  speciale  di  settore
idonea a disciplinare in termini  chiari  e  definiti,  da  un  lato,
qualifiche  compiti  responsabilita'  e  percorsi  di   carriera,   e
dall'altro, il corrispettivo economico della prestazione di lavoro da
parametrarsi in coerente sinallagmatico apprezzamento delle esclusive
connotazioni  qualitative   dei   compiti   affidati   al   personale
giudiziario. 
    Il  vigente  regime  del  rapporto  di   lavoro   del   personale
giudiziario da oltre  un  ventennio  ha  impedito,  come  attualmente
impedisce, la congrua valorizzazione ed il riconoscimento in  termini
retributivi della specifica  professionalita'  dai  lavoratori  della
giustizia. 
    La privatizzazione del rapporto  di  lavoro,  infatti,  in  grave
pregiudizio   degli   interessi   economici   della   categoria,   ha
illegittimamente  e  irragionevolmente  determinato   l'inammissibile
omologazione  economico/giuridica  del   personale   giudiziario   al
personale meramente amministrativo del comparto ministeriale e ora al
personale amministrativo  del  piu'  ampio  comparto  delle  funzioni
centrali  (CCNL  23  dicembre  2017,  triennio  2016/2018)   che   ha
determinato e determina  l'ingiusto  appiattimento  professionale  ed
economico della categoria. 
    Siffatta  irrazionale   forzosa   assimilazione   del   personale
giudiziario  a  categorie  di  personale  non  omogeneo  e'  preclusa
nell'intrinseco dalla natura della prestazione  di  lavoro  resa  dai
ricorrenti   i   quali,   come   dianzi    evidenziato,    concorrono
all'attuazione della funzione giurisdizionale, mentre,  diversamente,
il restante personale e' addetto ad attivita' lavorative strettamente
amministrative che concorrono all'attuazione della funzione esecutiva
ben distinta da quella giurisdizionale. 
    La differenziazione  ontologica  della  categoria  del  personale
giudiziario, come di seguito si  esporra'  in  diritto,  e'  scolpita
dall'appartenenza   dei   lavoratori   della   giustizia   all'ordine
giudiziario come stabilito dalla legge (R.D. 30 gennaio 1941, n.  12)
e dai tassativi precetti in materia sanciti dalla costituzione  (art.
108, comma 1 Cost.). 
    L'evidenziato  appiattimento  della  specifica   professionalita'
posseduta dai ricorrenti,  resa  sostanzialmente  irrilevante  e  non
adeguatamente valorizzabile  ad  opera  dalla  dinamica  massificante
della contrattazione collettiva, nazionale e decentrata, di carattere
privatistico introdotta dalla privatizzazione del rapporto di  lavoro
alla dipendenza delle  pubbliche  amministrazioni,  lede  il  diritto
degli istanti ad ottenere un regime  retributivo  proporzionato  alla
qualita' della prestazione resa garantita dall'art. 36,  primo  comma
della Costituzione. 
    Recita l'art. 36, comma 1 della Costituzione  «il  lavoratore  ha
diritto ad una retribuzione proporzionale alla qualita'  e  quantita'
del suo lavoro ...». 
    L'art. 36 Cost., comma  1,  per  costante  interpretazione  della
giurisprudenza  lavoratistica,  e'  norma  che   possiede   immediata
efficacia precettava applicabile direttamente nel rapporto di lavoro. 
    L'art. 36, comma 1 Cost. e' uno dei massimi riferimenti per tutti
i lavoratori e garantisce il diritto al giusto salario. 
    La giurisprudenza e' concorde da tempo nel ritenere che l'art. 36
Cost, abbia un'applicazione «erga omnes», le sue disposizioni, cioe',
si applicano a tutti i lavoratori, non solamente a quelli iscritti  a
sindacato. 
    L'art.  36,  comma  1  Cost.  fa  assurgere   il   diritto   alla
retribuzione proporzionale alla qualita' della prestazione  al  rango
di  diritto  fondamentale  della   persona   e   costituisce   limite
invalicabile all'autonomia negoziale e tutela del lavoratore. 
    Il diritto alla giusta retribuzione proporzionata  alla  qualita'
della prestazione nel sistema  costituzionale  assurge  al  rango  di
diritto assoluto, vero e proprio pilastro, invalicabile da  qualsiasi
altra fonte anche legale, compreso il diritto dei contratti. 
    Il  principio  della  proporzionalita'  della  retribuzione  alla
qualita' della prestazione e' immanente nel contratto  di  lavoro  ed
opera anche nei confronti delle amministrazioni pubbliche. 
    L'attuale pregiudizievole assetto  del  rapporto  di  lavoro  dei
ricorrenti, regolamentato interamente da irragionevoli norme pattizie
generiche, inoltre, non solo viola l'art.  36,  comma  1  Cost.,  che
assicura agli istanti qualificata pretesa  soggettiva  all'osservanza
della prescrizione  costituzionale,  ma,  lede  altresi'  l'interesse
soggettivo altrettanto qualificato dei ricorrenti, costituzionalmente
protetto, a veder ragionevolmente  disciplinato  e  regolamentato  il
proprio speciale rapporto di lavoro  alle  dipendenze  del  Ministero
della giustizia ad opera di chiare, certe norme legislative  primarie
contenenti coerenti e sistematici precetti, sul livello  retributivo,
sui percorsi di carriera, sulle mansioni e sulle qualifiche. 
    In tale profilo la pretesa azionata  dagli  istanti  e'  radicata
nell'art. 108, comma 1 della Costituzione che  prescrive:  «Le  norme
sull'ordinamento giudiziario e su ogni  magistratura  sono  stabilite
con legge». 
    Il contenuto della prescrizione appare finalizzato ad  assicurare
l'autonomia del potere  giudiziario  da  ogni  altro  potere,  ed  in
particolare dal potere esecutivo. 
    Il precetto costituzionale ha stabilito in materia  il  principio
della riserva  assoluta  di  legge  che  preclude  l'introduzione  di
disciplina sull'ordinamento giudiziario ad  opera  di  fonti  diverse
dalla legge. 
    A ben vedere l'art. 108  Cost.  sembrerebbe  aver  stabilito  una
riserva rinforzata di legge per aver previsto non soltanto  l'obbligo
di disciplinare in modo diretto con legge la  materia  riservata,  ma
anche l'obbligo di conferire alla legge un contenuto specifico  certo
e prestabilito (disciplina dell'ordinamento giudiziario). 
    La lettura  logica  e  sistematica  del  precetto  costituzionale
consente di affermare che la materia  dell'«ordinamento  giudiziario»
riguardi e comprenda non soltanto la regolamentazione  dell'esercizio
della funzione giurisdizionale ad opera dei  magistrati,  ma  includa
necessariamente   anche   la   disciplina    complessiva    attinente
all'organizzazione  dell'apparato   servente   l'assolvimento   della
funzione giurisdizionale e alle  tipicizzate  competenze  proprie  ed
esclusive   degli   addetti   alle   strutture    dell'organizzazione
giudiziaria  onde  garantire  l'autonomia  e   l'indipendenza   della
magistratura e l'esercizio neutrale della funzione giurisdizionale. 
    In tale ottica debbono essere disciplinate con legge le posizioni
lavorative dei soggetti che operano in intimo  collegamento  organico
con l'amministrazione della giustizia e comunque dei soggetti  che  a
vario  titolo  prestano  servizio  presso  gli  uffici   appartenenti
all'organizzazione giudiziaria che  concorrono  all'attuazione  della
funzione giudiziale. 
    Ne discende dal precetto costituzionale  che  la  privatizzazione
del rapporto di lavoro del personale delle segreterie  e  cancellerie
giudiziarie, introdotto dal decreto legislativo n. 29/1993  confluito
nel decreto legislativo n. 165/2001  e  successive  modificazioni  si
configura come una grave forzatura ordinamentale per confliggere  con
il dianzi richiamato art. 108, comma 1 della Costituzione  il  quale,
in termini ineludibili,  ha  stabilito:  «Le  norme  sull'ordinamento
giudiziario sono stabilite con legge». 
    In  senso  tecnico  l'ordinamento   giudiziario   e'   costituito
dall'insieme  di  tutte  le  norme  istituzionalmente  finalizzate  a
regolare e organizzare il funzionamento degli organi  che  esercitano
l'ufficio giurisdizionale. 
    Al riguardo significativamente ha statuito  il  vigente  art.  3,
comma 1 del regio decreto  30  gennaio  1941,  n.  12  -  Ordinamento
Giudiziario -:  «ogni  corte  ed  ufficio  di  conciliazione  ha  una
cancelleria ed ogni ufficio del pubblico ministero ha una segreteria.
L'ufficio di cancelleria o di segreteria puo' essere costituito anche
presso le sezioni  distaccate  di  sui  alla  tabella  B  annessa  al
presente ordinamento». Ed il comma 3 del medesimo art. 3, altrettanto
significativamente ha statuito  «Il  personale  e  gli  uffici  delle
cancellerie e segreterie  giudiziarie  ...  sono  regolati  da  leggi
particolari»". 
    Non puo' quindi il  rapporto  di  lavoro  dei  ricorrenti  essere
disciplinato da fonti  negoziali  pattizie  totalmente  privatistiche
applicative  del  decreto  legislativo  n.  165/2001   e   successive
modificazioni  stante  la  riserva  di  legge  in  materia  stabilita
dall'art. 108, comma  1  della  Costituzione  che  affida  invece  la
disciplina del rapporto di lavoro alla legge primaria. 
    Dunque  il  vigente   indiscriminato   assetto   pattizio   della
disciplina del rapporto lavorativo del personale delle cancellerie  e
segreterie giudiziarie lede permanentemente da  un  lato  il  diritto
fondamentale dei ricorrenti, discendente direttamente  dall'art.  36,
comma 1 della Costituzione, diritto vivente, ad ottenere un  apposito
trattamento  retributivo  parametrato  effettivamente  alla  qualita'
della prestazione di lavoro resa, e  dall'altro,  viola  altresi'  il
diritto dei ricorrenti, discendente direttamente dall'art. 108, comma
1 della Costituzione, a vedersi regolamentato il proprio rapporto  di
lavoro ad opera  della  legge  e  non  ad  opera  di  atti  meramente
privatistici inidonei  all'adeguata  valorizzazione  della  specifica
professionalita'  posseduta  dal  personale   delle   cancellerie   e
segreterie giudiziarie. 
    Con il  presente  ricorso  i  ricorrenti  propongono  azione  per
l'accertamento e la dichiarazione della violazione dei propri diritti
fondamentali di rango costituzionale. 
    L'azione  di  accertamento   che   gli   interessati   propongono
costituisce l'unica strada percorribile per la tutela giurisdizionale
dei  propri  diritti  assoluti  e  fondamentali,   costituzionalmente
protetti, a fronte dei dianzi illustrati ingiusti pregiudizi subiti e
subendi ad opera della violazione permanente  delle  precitate  norme
della Costituzione. 
    L'azione e' conforme all'art. 24, comma 1 della Cost. a mente del
quale «tutti possono agire in  giudizio  per  la  tutela  dei  propri
diritti ed interessi legittimi» ed all'art. 111, comma l  Cost.  che,
in  garanzia  dell'effettivita'  della  tutela  giurisdizionale,   ha
statuito: «la giurisdizione si  attua  mediante  il  giusto  processo
regolato dalla legge». 
    Allo  stato  la  regolamentazione  del  rapporto  di  lavoro  dei
ricorrenti e' posta impropriamente dal contratto collettivo nazionale
di lavoro del comparto «Ministeri» 2006/2009 siglato il 14  settembre
2007, dal contratto collettivo nazionale  integrativo  2006/2009  del
personale non dirigenziale del Ministero della giustizia stipulato il
29 luglio 2010, come integrato dal decreto  ministeriale  9  novembre
2017 e dal recente C.C.N.L. del personale del comparto delle funzioni
centrali 2016/2018 stipulato il 23 dicembre 2017. 
    In  precedenza  la  disciplina   del   rapporto   di   lavoro   e
l'ordinamento  del   personale   delle   cancellerie   e   segreterie
giudiziarie era contenuto  in  apposite  leggi  speciali  coerenti  e
ragionevolmente sintoniche alla specificita' delle funzioni  primarie
ed esclusive del personale giudiziario (legge  23  ottobre  1960,  n.
1196, decreto del Presidente della Repubblica 28  dicembre  1970,  n.
1077, legge 28 ottobre 1970, n. 775,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 1° giugno 1972, n. 319). 
    La regolamentazione di dettaglio  della  categoria  professionale
dei lavoratori del Ministero della giustizia  appartenente  al  ruolo
delle cancellerie e segreterie giudiziarie e'  stata  introdotta  dal
Contratto  collettivo  nazionale  integrativo   del   personale   non
dirigenziale del Ministero della giustizia 2006/2009  siglato  il  29
luglio 2010 (alto privatistico). 
    Il contratto integrativo ha classificato il personale giudiziario
in tre aree professionali suddivise in profili professionali. 
    Nella  terza  area  sono  inseriti  i  profili   di   funzionario
giudiziario e direttore amministrativo; nella seconda area i  profili
di operatore giudiziario, assistente giudiziario e cancelliere; nella
prima area il profilo di ausiliario. 
    I ricorrenti appartengono ai profili di funzionario giudiziario e
direttore della terza area; di assistente giudiziario di' cancelliere
e  di  operatore  giudiziario  della  seconda  area;  di   ausiliario
giudiziario della prima area. 
    Come puo' leggersi nella declaratoria dei contenuti professionali
dei profili, i ricorrenti assolvono funzioni direttamente connesse  e
rilevanti sia nel processo civile che in quello penale. 
    Il direttore dirige  gli  uffici  di  cancelleria  e  rappresenta
l'amministrazione;    il     funzionario     giudiziario     fornisce
«collaborazione qualificata alla giurisdizione  compiendo  tutti  gli
atti attribuiti dalla legge  alla  competenza  del  cancelliere»;  il
cancelliere  esplica  «compiti  di  collaborazione   qualificato   al
magistrato nei vari aspetti connessi all'attivita' di ufficio,  anche
assistendo nell'attivita' istruttoria o nel dibattimento, con compiti
di redazione e sottoscrizione  dei  relativi  verbali»;  l'assistente
giudiziario svolge «attivita' di collaborazione in compiti di  natura
giudiziaria ... e attivita' preparatoria o di formazione  degli  atti
attribuiti alla competenza della professionalita' superiore,  curando
l'aggiornamento e la conservazione di atti e fascicoli  in  relazione
all'esperienza maturata in almeno un  anno  di  servizio  gli  stessi
possono  essere   adibiti   anche   dell'assistenza   al   magistrato
nell'attivita'  istruttoria  o  nel  dibattimento  con   compiti   di
redazione  e  sottoscrizione  dei   relati   verbali»;   «l'operatore
giudiziario  svolge:   «attivita'   lavorative   di   collaborazione,
amministrativa e/o tecnica, ai processi  organizzativi  e  gestionali
connessi al proprio  settore  di  competenza.  Personale  che  svolge
attivita' di sorveglianza degli accessi, di  regolazione  del  flusso
del pubblico cui forniscono eventualmente le  opportune  indicazioni,
di reperimento, riordino ed elementare classificazione dei fascicoli,
atti e documenti, dei quali  curano  ai  fini  interni  la  tenuta  e
custodia, nonche' attivita' d'ufficio di tipo semplice  che  richieda
anche  l'uso  di  sistemi  informatici,  di   ricerca   ed   ordinata
presentazione, anche a mezzo dei necessari supporti informatici,  dei
diversi dati necessari per la formazione degli  atti  attributi  alla
competenza delle professionalita'  superiori;  lavoratori  incaricati
della  custodia  e  della  vigilanza  dei  beni  e   degli   impianti
dell'amministrazione; lavoratori adibiti ad una postazione telefonica
con compiti di inoltrare  le  relative  comunicazioni  e  di  fornire
eventualmente  le  opportune  indicazioni  al  pubblico.   Lavoratori
addetti alla chiamata all'udienza»; il cancelliere: «lavoratori  che,
secondo le direttive ricevute ed avvalendosi  anche  degli  strumenti
informatici  in   dotazione   all'ufficio,   esplicano   compiti   di
collaborazione qualificata al magistrato nei  vari  aspetti  connessi
all'attivita'   dell'ufficio,   anche    assistendo    nell'attivita'
istruttoria  o  nel  dibattimento,  con  compiti   di   redazione   e
sottoscrizione dei relativi verbali»; l'ausiliario svolge: «attivita'
ausiliarie e di supporto ai processi organizzativi e  gestionali  del
proprio settore  di  competenza  con  l'ausilio  degli  strumenti  in
dotazione, anche informatici. Lavoratori  che  svolgono  le  seguenti
attivita':  di  movimentazione  fascicoli,   oggetti,   documenti   e
materiale librario, fotocopiatura e fascicolazione  copie,  ritiro  e
consegna corrispondenza, ricevimento al pubblico»; l'assistente  alla
vigilanza  «  ...  collabora  con   le   professionalita'   superiori
(direttore-funzionario  giudiziario)  nella  gestione  del  personale
addetto alla vigilanza e custodia dei locali  o  alla  conduzione  di
autoveicoli. In tale  ambito  assicura  la  costante  efficienza  dei
materiali e dei mezzi tramite una  puntuale  gestione  dei  locali  e
degli automezzi. Svolge anche attivita' preparatoria o di  formazione
degli  atti  attribuiti  alla   competenza   della   professionalita'
superiore, curandone l'aggiornamento e la conservazione». 
    Con il decreto ministeriale del  9  novembre  2017  il  Ministero
della giustizia ha di recente rimodulato il profilo  del  funzionario
giudiziario della III area che e' ora tenuto: «Attivita' di contenuto
specialistico,  con  assunzione  di  compiti  di  gestione   per   la
realizzazione delle linee di indirizzo e degli obiettivi definiti dal
dirigente. Lavoratori che, nell'ambito di  direttive  di  massima  ed
avvalendosi  anche   degli   strumenti   informatici   in   dotazione
all'ufficio   forniscono   una   collaborazione   qualificata    alla
giurisdizione assicurando il presidio delle attivita'  che  la  legge
attribuisce alla competenza del cancelliere esperto.  Lavoratori  che
svolgono attivita' di direzione di una sezione e reparto  nell'ambito
degli uffici di cancelleria. Lavoratori che partecipano all'attivita'
didattica dell'amministrazione  per  le  materie  di  competenza.  In
relazione all'esperienza maturata in almeno sette  anni  di  servizio
nel  profilo,  possono  essere  adibiti,  su  base  volontaria,  alle
attivita' connesse alla tutela dei crediti erariali e delle spese  di
giustizia, anche coordinando le professionalita' inferiori». 
    Con  il  medesimo  decreto  si  e'   poi   definita   la   figura
professionale del cancelliere esperto  della  II  area  cui  compete:
«Lavoratori che, secondo le  direttive  ed  avvalendosi  anche  degli
strumenti informatici in dotazione all'ufficio, esplicano compiti  di
collaborazione qualificata al magistrato nei  vari  aspetti  connessi
all'attivita'   dell'ufficio,   anche   assistendolo   nell'attivita'
istruttoria  o  nel  dibattimento,  con  compiti   di   redazione   e
sottoscrizione dei relativi verbali, nonche'  di  rilascio  di  copie
conformi e di ricezione di atti, anche  in  modalita'  telematica,  e
tutte le altre attivita' che la legge attribuisce al cancelliere  ...
». 
    Il sovra descritto mansionario riflette in  termini  estremamente
sintetici la complessa attivita' d'ufficio, tipica e speciale, cui e'
tenuto il personale giudiziario all'interno  del  processo  civile  e
penale congiuntamente al magistrato. 
    Ed invero una sequenza  di  apposite  norme  processuali  cardine
(c.p.a. e c.p.c.) che, in schema di sintesi, di seguito si riportano,
codifica le fasi ed il rilievo giuridico nel processo riservate  alla
competenza  imprescindibile  del  personale   delle   cancellerie   e
segreterie giudiziarie che  integra,  in  dispiegamento  di  funzioni
pubbliche, l'attivita' del magistrato nel corso del processo, sin dal
primo avvio e fino alla conclusione finale. 
    Riguardo i procedimenti giurisdizionali civili. 
    L'art. 57  codice  di  procedura  civile  affida  al  cancelliere
(pubblico funzionario) il dovere/obbligo d'ufficio di documentare  «a
tutti gli effetti, nei casi e  nei  modi  previsti  dalla  legge,  le
attivita' proprie e quelle degli organi giudiziari e delle parti;  di
assistere il giudice» in tutti gli atti dei quali deve essere formato
processo verbale [126, 130, 44, 46 att.]; di stendere la scrittura  e
di apporre la sottoscrizione  dopo  quella  del  giudice  «quando  il
giudice  provvede  per  scritto,  salvo   che   la   legge   disponga
altrimenti». 
    L'art. 58  codice  di  procedura  civile  codifica  le  ulteriori
attivita' (doveri d'ufficio) del cancelliere con lo stabilire che  il
cancelliere (pubblico funzionario) «Attende al rilascio  delle  copie
ed estratti autentici dei documenti  prodotti,  all'iscrizione  delle
cause a ruolo, alla formazione del fascicolo di ufficio [168] e  alla
conservazione di quelli delle parti, alle comunicazioni [136] e  alle
notificazioni prescritte dalla legge  o  dal  giudice,  nonche'  alle
altre incombenze che la legge gli attribuisce». 
    L'art. 136 codice di procedura civile disciplina le comunicazioni
e le notificazioni attinenti al  processo  a  mente  del  quale:  «il
cancelliere  con  biglietto  di   cancelleria   (45   att.)   fa   le
comunicazioni (133,134) che sono prescritte dalla legge o dal giudice
al pubblico ministero (71), alle parti  (170,  176,  280,  292,  308,
377,485,538, 176 att.), al consulente (192), agli altri ausiliari del
giudice (68) e ai testimoni, e da' notizia di quei provvedimenti  per
i  quali  e'  disposta  dalla  legge   tale   forma   abbreviata   di
comunicazione. 
    Il biglietto e' consegnato dal cancelliere al  destinatario,  che
ne rilascia ricevuta, ovvero  trasmesso  a  mezzo  posta  elettronica
certificata,  nel  rispetto  della  normativa,  anche  regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la trasmissione  e  la  ricezione  dei
documenti informatici. Salvo che la legge  disponga  diversamente  se
non e' possibile  procedere  ai  sensi  del  comma  che  precede,  il
biglietto viene trasmesso a mezzo telefax, o e' rimesso all'ufficiale
giudiziario per la notifica». 
    Pregnante l'art. 168 codice di procedura  civile  che  affida  al
cancelliere ed agli uffici  di  cancelleria  la  funzione  essenziale
dell'iscrizione delle cause a ruolo e la formazione  e  della  tenuta
del fascicolo d'ufficio. 
    Prescrive al riguardo  l'art.  168  all'atto  della  costituzione
dell'attore, o, se  questo  non  si  e'  costituito,  all'atto  della
costituzione del convenuto [166],  su  presentazione  della  nota  di
iscrizione a ruolo [71 att.] il cancelliere iscrive la causa al ruolo
generale. 
    Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo  di  ufficio
[36 att.] nel quale inserisce la nota di iscrizione  a  ruolo,  copia
dell'atto di citazione [51 att.], delle comparse e delle  memorie  in
carta non bollata [73 att.] e, successivamente,  i  processi  verbali
d'udienza [126], i provvedimenti del giudice, gli atti di  istruzione
e copia del dispositivo delle sentenze. 
    Dalle citate norme processuali emerge palese la'  coessenzialita'
dell'attivita' del personale di cancelleria  a  quella  condotta  dal
magistrato cui compete l'obbligo sostanziale di assistere il  giudice
monocratico o collegiale in ogni fase processuale onde  assicurare  e
garantire la piena validita' sostanziale e formale del processo. 
    I  verbali  sottoscritti  dal   cancelliere   e   dall'assistente
giudiziario (processo verbale) documentano gli atti  e  le  attivita'
condotte nel corso del processo e fanno pena prova fino alla  querela
di falso. 
    E' significativa la frase che accompagna inscindibilmente la fase
conclusiva di ogni rito o provvedimento secondo cui il giudice «manda
alla cancelleria per gli adempimenti». E'  altrettanto  significativo
l'art. 60 del c.p.c. che sanziona pregnantemente  la  responsabilita'
personale  diretta  del  cancelliere  per   le   pubbliche   funzioni
esercitate  con  lo  statuire  che:  «il  cancelliere  e  l'ufficiale
giudiziario sono civilmente responsabili (28 Cost.; 2043 ss.cc.):  1)
quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti  che  sono
loro legalmente richiesti oppure omettono di  compierli  nel  termine
(328 c.p.) che, su istanza di parte, e' fissato dal giudice dal quale
dipendono o dal quale sono stati delegati; 2) quando  hanno  compiuto
un atto nullo con dolo o colpa grave (162²). 
    Riguardo il processo penale. 
    Art. 126, codice di procedura civile: «Assistenza al giudice»  Il
giudice  in  tutti  gli  atti  ai   quali   procede,   e'   assistito
dall'ausiliario a cio' designato a norma dell'ordinamento,  [1  reg.]
se la legge non dispone altrimenti». 
    Art. 1 del decreto ministeriale  30  settembre  1989,  n.  334  -
Regolamento per l'esecuzione  del  codice  di  procedura  penale;  «I
compiti  che  il  codice,  le  norme  di  attuazione  e  il  presente
regolamento   attribuiscono   all'ausiliario,   al   funzionario   di
cancelleria, al pubblico ufficiale, alla cancelleria o segreteria  si
intendono attribuiti al personale di cancelleria e segreteria secondo
le mansioni ciascuno spettanti a norma delle disposizioni sullo stato
giuridico. Il dirigente dell'ufficio di cancelleria o  di  segreteria
con ordini di servizio, ripartisce i compiti fra il personale in modo
di assicurare la continuita' e l'efficienza del servizio». 
    Art. 2 del decreto ministeriale  30  settembre  1989,  n.  334  -
Regolamento per l'esecuzione del codice  di  procedura  penale:  «gli
uffici  giudiziari  tengono,  nella  materia   penale,   i   registri
obbligatori conformi ai modelli approvati con decreto del Ministro di
grazia e giustizia.  Possono  altresi'  tenere  registri  sussidiari,
senza carattere ufficiale, che ritengono utili. 
    I registri non devono  presentare  alterazioni  o  abrasioni.  Se
occorre eseguire cancellature,  le  stesse  sono  fatte  in  modo  da
lasciare leggere le parole cancellate [48 att.]. 
    I registri sono tenuti in luogo non  accessibile  al  pubblico  e
possono essere consultati solo dal personale giudiziario». 
    Discende  dalle  dianzi  riportate  norme  processuali   che   il
personale operante nelle cancellerie dei  tribunali  penali  e  nelle
segreterie  giudiziarie  delle  Procure  della  Repubblica  presso  i
tribunali ha  il  compito  di  documentare  e  certificare  tutte  le
attivita' del  giudice  e  del  pubblico  ministero.  In  particolare
compete a detto personale: 
        collaborazione   diretta   e   qualificata   al   magistrato,
assistendolo nelle attivita' di udienza e provvedendo alla  redazione
e sottoscrizione dei verbali; 
        autenticazione,  rispetto  agli  atti  formati  dal  giudice;
imprime il sigillo della ufficialita' e della legalita'; 
        documentazione delle attivita' proprie, quelle  degli  organi
giudiziari e delle parti; 
        assistenza  nella  formazione  degli  atti  del   giudice   e
sottoscrizione dei provvedimenti giudiziali; 
        ricezione  di  ogni  dichiarazione  di  parte,  relativa   al
processo penale, che non debba  per  legge  essere  resa  al  giudice
(costituzione  di  parte  civile,  dichiarazione   ed   elezione   di
domicilio, impugnazione di provvedimenti) e di ogni ricorso o istanza
diretta all'autorita' giudiziaria in materia penale o civile; 
        esecuzione di avvisi, comunicazioni e notifiche alle parti  e
agli altri soggetti interessati; 
        rilascio  di  copie  e  estratti  autentici   dei   documenti
prodotti; 
        provvedere alle comunicazioni e alle notificazioni prescritte
dalla legge o dal giudice; 
        provvedere all'aggiornamento e alla corretta conservazione di
atti e fascicoli; 
        svolgimento, su provvedimento  del  pubblico  ministero,  gli
adempimenti per l'esecuzione delle sentenze di condanna; 
        apposizione   delle   cosiddette    apostille    agli    atti
amministrativi o giudiziari provenienti da ordinamenti esteri; 
        ricezione del giuramento di perizie stragiudiziali e di stime
fallimentari; 
        ricezione degli atti di notori, 
        rilascio di copie, estratti e certificati; 
        legalizzazione delle firme; 
        registrazione, custodia e vendita dei corpi  di  reato  e  le
altre operazioni conseguenti alla confisca di cose  sequestrate,  non
vendibili; 
        vendita   all'incanto,   in   alternativa   con   l'ufficiale
giudiziario, dei beni mobili pignorati; 
        vendita all'incanto dei beni mobili di  minori  interdetti  e
inabilitati; 
        pubblicazione e comunicazione delle sentenze; 
        rimozione dei sigilli e formazione dell'inventario; 
        ricezione di cauzioni in materia civile e penale; 
        recupero delle spese di giustizia in materia penale  e  nella
riscossione delle pene pecuniarie; 
        emissione di  ordini  di  pagamento  di  spese  di  giustizia
anticipate dall'erario: indennita' a  testimoni,  periti,  interpreti
etc. e nella tenuta del registro (mod. 12); 
        scansione dei tempi per l'esecuzione  dei  provvedimenti  nel
rispetto delle norme vigenti. 
    Le sovraevidenziate funzioni processuali, di esclusiva competenza
del ricorrente personale  giudiziario  evidenziano  che'  l'attivita'
dispiegata presso le segreterie e  cancellerie  giudiziarie  concorre
all'attuazione    della    funzione     giurisdizionale     ovverosia
all'applicazione del diritto al caso concreto. 
    In altri termini il personale  giudiziario  integra  la  funzione
giurisdizionale esercitata dai  magistrati  con  una  serie  di  atti
strutturalmente   connessi   alla   concreta   realizzazione    della
giurisdizione. 
    Per siffatta connotazione istituzionale delle competenze e  delle
funzioni  d'ufficio  il  personale  delle  cancellerie  e  segreterie
giudiziarie possiede ed e'  titolare  di  proprio  speciale  «status»
giuridico che lo distingue rispetto  alla  generalita'  dei  pubblici
dipendenti la cui attivita', a differenza dei primi, e' condotta  per
la realizzazione della funzione esecutiva do amministrativa e non per
la realizzazione della funzione giurisdizionale. 
    Riguardo il personale, delle cancellerie e segreterie giudiziarie
il comma 3 dell'art. 4, regio decreto 30  gennaio  1941,  n.  12,  ha
lapidariamente statuito: «il personale delle cancellerie e segreterie
giudiziarie di ogni gruppo e grado fa parte dell'ordine giudiziario». 
    La  norma  ha  nettamente  separato  e  distinto   il   personale
giudiziario dal personale meramente  amministrativo  delle  pubbliche
amministrazioni. Ed invero soltanto il personale delle cancellerie  e
segreterie giudiziarie appartiene all'ordine giudiziario. 
    E'  significativo  inoltre  che  il  comma  3  dell'art.  4   sia
sistematicamente inserito nell'art. 4 laddove il  primo  comma  dello
stesso art. 4 ha statuito: «l'ordine giudiziario e' costituito  dagli
uditori, dai giudici di ogni grado dei tribunali e delle corti e  dai
magistrati del pubblico ministero». 
    Le richiamate norme, in congiunta lettura, hanno unitariamente  e
chiaramente individuato l'insieme dei soggetti, ciascuno  per  quanto
di competenza, appartenenti all'ordine giudiziario in quanto chiamati
all'attuazione  della  funzione  giurisdizionale,  vale  a  dire   il
personale appartenente ai ruoli della magistratura  ed  il  personale
appartenente ai ruoli delle cancellerie e segreterie giudiziarie. 
    Le norme in  commento  sono  collocate  nell'ambito  della  ampia
disciplina sull'ordinamento giudiziario contenuta nel  regio  decreto
30 gennaio 1941, n. 12 e successive modificazioni che regolamenta  il
funzionamento e l'organizzazione degli organi e degli uffici deputati
all'Amministrazione della giustizia. 
    Al  riguardo  il  regio  decreto  n.  12/1941,  titolo  primo   -
Disposizioni generali - capo I dopo aver definito all'art.  1,  comma
1, le autorita' (organi) alle  quali  e'  affidata  l'Amministrazione
della  giustizia  in  materia  civile  e  penale  (giudice  di  pace,
Tribunale ordinario, Corte di appello, Corte di cassazione, Tribunale
dei minorenni, magistrato di sorveglianza, Tribunale di sorveglianza,
ufficio   del   pubblico   ministero),   ha   significativamente    e
sistematicamente stabilito all'art. 3, primo comma che  «ogni  corte,
tribunale ed ufficio di conciliazione  ha  una  cancelleria  ed  ogni
ufficio del  pubblico  ministero  ha  una  segreteria.  L'ufficio  di
cancelleria e di segreteria puo' essere costituito  anche  presso  le
sezioni  distaccate  di  cui  alla  tabella  3  annesso  al  presente
ordinamento». 
    Altrettanto significativamente il comma 3  dello  stesso  art.  3
prescrive che:  «il  personale  e  gli  uffici  delle  cancellerie  e
segreterie giudiziarie ... sono regolati da leggi particolari». 
    L'ordito   normativo   in   commento   (norme    sull'ordinamento
giudiziario)   ha   disciplinato    unitariamente    l'organizzazione
dell'apparato giudiziario al quale appartengono i ricorrenti, essendo
palese l'inscindibile connessione strutturale stabilita  dalla  legge
tra le cancellerie e segreterie giudiziarie ed ogni corte,  tribunale
ed ufficio di conciliazione ed ogni ufficio del pubblico ministero. 
    Ne deriva, alla luce delle sistematiche osservazioni in fatto  ed
in diritto in precedenza dispiegate, che il rapporto  di  lavoro  dei
ricorrenti  non  puo'  essere  assoggettato  al  regime  privatistico
introdotto dal decreto legislativo n. 165/2001 che preclude in radice
la valorizzazione giuridica ed economica della prestazione del lavoro
resa all'amministrazione della giustizia. 
    In  tutela  dei  propri  intangibili  interessi  professionali  i
ricorrenti  prospettano  il  contrasto  del  regime   giuridico   del
personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie con l'art.  108,
comma 1 Cost., con l'art. 36 e 1 Cost. e con l'ari. 3, comma 1  Cost.
per i motivi di diritto che di seguitosi dispiegano». 
    3. Sulla base di tali premesse e assunti, la parte ricorrente  ha
eccepito, rispetto alla vigente  normativa  di  rango  primario,  gli
asseriti profili di illegittimita' costituzionale di cui appresso. 
    Per un primo gruppo  di  questioni  ha  assunto  a  parametro  di
verifica della legittimita' costituzionale della legge vigente l'art.
108, primo comma, della Costituzione. 
    Tali questioni sono state formulate dalla parte  ricorrente  come
segue. 
    «Violazione del comma 1 dell'art. 108 della Costituzione. 
    L'evidenziata appartenenza dei ricorrenti all'ordine giudiziario,
sia in profilo di speciale  "status"  a  mente  del  citato  comma  3
dell'art.  4  del  regio  decreto  n.  12/1941  (il  personale  delle
cancellerie e segreterie giudiziarie di ogni gruppo e grado fa  parte
dell'ordine giudiziario), che in profilo organizzativo, per essere  i
ricorrenti addetti alle cancellerie e segreterie giudiziarie,  uffici
questi operanti in sinergia e diretto supporto con la magistratura ai
fini  dell'attuazione  della   funzione   giurisdizionale,   preclude
l'assoggettazione del personale giudiziario al regime generale  della
privatizzazione del rapporto  del  personale  alla  dipendenza  delle
amministrazioni  pubbliche  introdotto  dal  decreto  legislativo  n.
29/1993  e  successive  modificazioni  poi  confluite   nel   decreto
legislativo 30 marzo 2001, n 165. 
    Il regime privatistico  infatti,  per  venire  a  determinare  la
regolamentazione del rapporto  di  lavoro  dei  ricorrenti  con  atti
collettivi negoziali; confligge recta via con  l'art.  108,  comma  1
della Costituzione che, riguardo alla materia dell'organizzazione del
potere   giurisdizionale   e/o   della    funzione    giurisdizionale
(ordinamento), ha stabilito: "Le norme sull'ordinamento giudiziario e
su ogni magistratura sono stabilite con legge". Nell'ambito dell'area
precettiva della norma costituzionale sono indubbiamente attratte  le
norme dirette a regolamentare il rapporto  di  lavoro  del  personale
delle cancellerie e  segreterie  giudiziarie  in  quanto  anche  esse
preordinate  a   disciplinare   il   funzionamento   dell'istituzione
giurisdizionale nel suo complesso. 
    Non e'  dubitabile  che  l'ordinamento  giudiziario  sia  formato
dall'insieme  delle  norme  che  regolano  la  costituzione   ed   il
funzionamento degli uffici giudiziari. 
    Ne deriva pertanto il conflitto con il primo comma dell'art.  108
Cost. delle norme di cui al decreto  legislativo  n.  165/2001  nella
parte in cui hanno disposto la privatizzazione del rapporto di lavoro
anche nei confronti  del  ricorrente  personale  delle  segreterie  e
cancellerie giudiziarie e la  rimessione  della  disciplina  di  ogni
aspetto  dello   "status"   economico-giuridico   alla   negoziazione
collettiva, mentre tutta la materia deve essere regolata dalla  legge
primaria in quanto materia riguardante l'ordinamento giudiziario. 
    Al riguardo il comma 1 dell'art. 108 della Costituzione ha  posto
la regola intangibile della riserva di legge. La norma costituzionale
nello stabilire che "le norme sull'ordinamento giudiziario  ...  sono
stabilite con legge" ha prescritto che la disciplina della materia in
questione debba essere regolata dalla sola  legge  primaria,  vale  a
dire esclusivamente  ad  opera  della  legge  formale  approvata  dal
parlamento. 
    La regola costituzionale, riguardo al personale delle cancellerie
e segreterie giudiziarie, impedisce al legislatore di disporre che la
materia possa essere disciplinata da atti e/o fonti  appartenenti  ad
un livello gerarchico (gerarchia delle fonti) inferiore alla legge  e
per l'effetto ogni altra fonte diversa dalla legge e' incompetente  a
regolare la materia in questione. 
    La riserva di legge stabilita dal comma primo dell'art. 108 Cost.
e' riserva assoluta rinforzata per aver stabilito la costituzione  il
contenuto della legge nel senso che le norme in tema  di  ordinamento
giudiziario  debbano  essere  esclusivamente  stabilite   con   legge
primaria (contenuto della legge). 
    Le  dianzi  dispiegate  prospettazioni  sulla   vigente   riserva
assoluta di legge in materici di ordinamento giudiziario ex art. 108,
comma  1   Cost.   offrono   fondato   sospetto   di   illegittimita'
costituzionale  della  sequenza  normativa  contenuta   nel   decreto
legislativo n. 165/2001 che ha assoggettato la  regolamentazione  del
rapporto di lavoro  del  personale  delle  cancellerie  e  segreterie
giudiziarie al regime privatistico. 
    Si appalesano pertanto affette da vizio di costituzionalita'  per
conflitto con il comma 1 dell'art. 108  Cost.,  nella  parte  in  cui
determinano  l'applicabilita'  al  personale  delle   cancellerie   e
segreterie giudiziarie del regime privatistico: 
    1) l'art. 2, comma 2 del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.
165,  secondo  cui:  "i  rapporti  di  lavoro  dei  dipendenti  delle
amministrazioni pubbliche sono disciplinati  dalle  disposizioni  del
capo I, titolo II, del libro V del codice civile e  dalle  leggi  sui
rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve  le  diverse
disposizioni  contenute  nel  presente  decreto,  che   costituiscono
disposizioni a carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge,
regolamento o statuto,  che  introducano  o  che  abbiano  introdotto
discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilita' sia  limitata
ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi,
possono essere derogate nelle materie  affidate  alla  contrattazione
collettiva ai sensi  dell'art.  40,  comma  1,  e  nel  rispetto  dei
principi stabiliti dal presente decreto, da  successivi  contratti  o
accordi collettivi nazionali e,  per  la  parte  derogata,  non  sono
ulteriormente applicabili". 
    Le  riferite  prescrizioni,  laddove  vengono  a  prevederle   la
generalizzata applicazione ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche delle disposizioni del capo I,  titolo  II,
del libro V del codice civile e delle leggi sul  rapporto  di  lavoro
subordinato  nell'impresa  sono  inapplicabili  al  personale   delle
cancellerie  e  segreterie  giudiziarie  che  appartiene   all'ordine
giudiziario. Diversamente, stante la riserva  assoluta  di  legge  ex
art. 108, comma 1 Cost., il rapporto di lavoro  dei  ricorrenti  deve
essere  necessariamente  disciplinato  da  apposita  specifica  legge
primaria.  Ed  invero,  deve  ribadirsi  che  in  materia   prescrive
ineludibilmente  il  comma  l   dell'art.   108   Cost.   "le   norme
sull'ordinamento giudiziario ... sono stabilite con legge". 
    2) L'art. 2, comma 3 del decreto legislativo  30  marzo  2001,  n
165, secondo cui: "I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2
sano regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati
secondo i criteri e le modalita' previste nel titolo III del presente
decreto; i contratti individuali devono conformarsi  ai  principi  di
cui all'art. 45, comma 2.  L'attribuzione  di  trattamenti  economici
puo' avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvo  i
casi previsti dal comma 3-ter e 3- quater dell'art. 40 e  le  ipotesi
di  tutela  delle  retribuzioni  di  cui  all'art.  47-bis  o,   alle
condizioni previste, mediante contratti individuali. Le  disposizioni
di  legge,  regolamenti  o  atti  amministrativi  che   attribuiscono
incrementi retributivi non previsti da  contratti  cessano  di  avere
efficacia a far data dall'entrata  in  vigore  dal  relativo  rinnovo
contrattuale. I trattamenti economici piu'  favorevoli  in  godimento
sono riassorbiti  con  le  modalita'  e  nelle  misure  previste  dai
contratti  collettivi  e  i  risparmi  di  spesa  che  ne  conseguono
incrementano   le   risorse   disponibili   per   la   contrattazione
collettiva". 
    Le prescrizioni, nel prevedere la  regolamentazione  contrattuale
dei  rapporti  di  lavoro  individuali  in  aderenza   ai   contratti
collettivi di  lavoro  e  l'attribuzione  del  trattamento  economico
esclusivamente mediante  contratti  collettivi  e'  inapplicabile  al
personale   delle   cancellerie   e   segreterie   giudiziarie   che,
diversamente, agli effetti della  insuperabile  riserva  assoluta  di
legge ex art.  108,  comma  1  Cost.  deve  essere  obbligatoriamente
regolamentato con legge primaria di natura pubblicistica e che regoli
unilateralmente il trattamento economico, le qualifiche, il  percorso
di carriera e  la  costituzione  del  rapporto  di  lavoro  con  atti
unilaterali dell'amministrazione. 
    3) L'art. 3, primo comma del decreto legislativo 30  marzo  2001,
n. 165, a mente del quale: "In  deroga  all'art.  2,  commi  2  e  3,
rimangono  disciplinati  dai  rispettivi  ordinamenti:  i  magistrati
ordinari, amministrativi e  contabili,  gli  avvocati  e  procuratori
dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato,
il personale della carriera diplomatica e della carriera  prefettizia
nonche' i dipendenti degli enti che svolgono la loro attivita'  nelle
materie contemplate dall'art. 1  del  decreto  legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato 17 luglio 1947,  n.  691,  e  dalle  leggi  4
giugno 1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e 10
ottobre 1990, n. 287". 
    La prescrizione in commento, nell'escludere  il  personale  delle
cancellerie e segreterie giudiziarie dalle categorie del personale in
regime di diritto pubblico, confligge  irragionevolmente  con  l'art.
108, comma 1 Cost. che tassativamente impone la permanenza in  regime
pubblicistico  del   personale   delle   cancellerie   e   segreterie
giudiziarie  che  concorre  all'attuazione  della  funzione  pubblica
giurisdizionale nel quadro delle norme  sull'ordinamento  giudiziario
oggetto di riserva di legge assoluta e rinforzata. 
    4) L'art. 51, primo comma del decreto legislativo 30 marzo  2001,
a mente del quale:  "Il  rapporto  di  lavoro  dei  dipendenti  delle
amministrazioni pubbliche e'  disciplinato  secondo  le  disposizioni
degli arti. 2, commi 2 e 3, e 3, comma 1". 
    La sovrariportata prescrizione,  nel  ribadire  con  precetto  di
chiusura l'assoggettamento del  rapporto  di  lavoro  dei  dipendenti
delle amministrazioni pubbliche al regime privatistico stabilito  dai
richiamati articoli 2, commi 2 e 3  e  3,  comma  1  e'  viziata  per
diretto contrasto con l'art. 108, comma 1 Cost.,  che,  diversamente,
alla luce di quanto in  precedenza  esposto  e  dedotto,  esclude  il
personale delle  cancellerie  e  segreterie  giudiziarie  del  regime
privatistico introdotto dal decreto legislativo n. 165/2001 dovendosi
osservare il comma  1  dell'art.  108  Cost.  secondo  cui  le  norme
sull'ordinamento giudiziario sono stabilite con legge. 
    5) Discende dalla  ripetutamente  rilevata  effrazione  dell'art.
108, comma 1 della Costituzione il vizio  di  costituzionalita'  che,
relativamente   al   personale   delle   cancellerie   e   segreterie
giudiziarie, inficia  le  prescrizioni  del  decreto  legislativo  n.
165/2001 regolatrici in dettaglio dei procedimenti di  contrattazione
collettiva  privatistica  del  rapporto  di  lavoro   del   personale
dipendente  dalle  amministrazioni   pubbliche.   La   questione   di
costituzionalita'  riguarda:  l'art.  40,   comma   1   del   decreto
legislativo  n.  165/2001,  primo  periodo,  laddove  prescrive:  "la
contrattazione collettiva disciplina  il  rapporto  di  lavoro  e  le
relazioni sindacali con le modalita' previste dal presente  decreto";
l'art. 40, comma 2 del decreto legislativo n. 165/2001, primo periodo
laddove  prescrive:  "Tramite  appositi  accordi  tra  l'ARAN  e   le
confederazioni rappresentative  secondo  le  procedure  di  cui  agli
articoli 41, comma 5 e 47,  senza  nuovi  o  maggiori  oneri  per  la
finanza pubblica,  sono  definiti  fino  ad  un  massimo  di  quattro
comparti contrattazione collettiva  ...";  l'art.  45,  comma  1  del
decreto  legislativo  n.  165/2001,  secondo  cui   "Il   trattamento
fondamentale ed accessorio fatto salvo quanto previsto dall'art.  40,
commi 3-ter e 3-quater, e dall'art. 47-bis, comma 1, e' definito  dai
contratti collettivi". 
    Le richiamate  prescrizioni,  nel  rimettere  la  disciplina  del
rapporto di lavoro del personale  giudiziario  a  fonti  strettamente
privatistiche, contrastano palesemente con l'art. 108, comma 1  Cost.
che ha riservato  alla  legge  primaria  la  competenza  a  porre  la
regolamentazione del rapporto di lavoro dei  dipendenti  appartenenti
all'ordinamento giudiziario. 
    Il chiaro  precetto  costituzionale  non  ammette  nella  materia
competenze normative alternative e/o sostitutive. 
    Le prospettate  questioni  di  costituzionalita'  dispiegate  nei
confronti dei commi 2 e 3 dell'art.  2  del  decreto  legislativo  n.
165/2001, del primo comma dell'art.  3  del  decreto  legislativo  n.
165/2001,  del  primo  comma  dell'art.  51  decreto  legislativo  n.
165/2001, del primo comma, primo periodo  dell'art.  40  del  decreto
legislativo n. 165/2001, del secondo comma, primo  periodo  dell'art.
40 del decreto legislativo n. 165/2001, del primo comma, dell'art. 45
del decreto  legislativo  n.  165/2001  appaiono  non  manifestamente
infondate e rilevanti affini della decisione nel merito  del  ricorso
atteso che, ove le impugnate prescrizioni del decreto legislativo  n.
165/2001 dovessero essere ritenute  conformi  alla  Costituzione,  il
presente  ricorso  dovrebbe  essere  respinto.  Deve  di  conseguenza
disporsi la sospensione del  giudizio  e  la  remissione  degli  atti
all'esame della Corte costituzionale  ai  fini  del  controllo  della
legittimita'  costituzionale  delle  impugnate  norme   del   decreto
legislativo n. 165/2001 che illegittimamente  comprimono  il  fondato
diritto e la fondata pretesa dei  ricorrenti  a  veder  regolamentato
dalla legge primaria ogni aspetto giuridico ed economico del  proprio
rapporto di lavoro conformemente ai dettami dell'art.  108,  comma  1
Cost.». 
    4. Per un secondo gruppo di questioni - che  pure  investono  gli
stessi articoli 40 e 45, nelle loro rispettive parti  gia'  citate  -
sono stati assunti, invece,  a  parametro  di  costituzionalita'  gli
articoli 36,  primo  comma,  e,  in  parte,  3,  primo  comma,  della
Costituzione,  nonche'  i  connessi   principi   di   uguaglianza   e
ragionevolezza. 
    Esse sono state formulate dalla parte ricorrente come segue. 
    «Violazione art. 36, comma l Cost. Violazione  art.  3,  comma  1
Cost. 
    La specificita' della categoria  del  personale  giudiziario  non
dirigenziale appartenente ai ruoli del Ministero della  giustizia  ed
addetto  ai  compiti  d'ufficio  facenti  capo  al  personale   delle
cancellerie  e  segreterie  giudiziarie  onde  assicurare   il   buon
funzionamento dell'apparato organizzativo preordinato  all'attuazione
della  funzione  giurisdizionale,   comporta   che   la   prestazione
lavorativa  resa   abbia   un   contenuto   professionale   di   alta
qualificazione unico nel suo genere. 
    Ed invero, la funzione integrativa dell'attivita' del giudice  in
concorso con esso, che compete al ricorrente personale  alla  stregua
delle puntuali norme del processo civile e  del  processo  penale  in
precedenza illustrate, comporta che la determinazione del regime  del
trattamento retributivo spettante non possa essere equamente definito
unitamente a quello  del  personale  meramente  amministrativo  delle
pubbliche  amministrazioni  con  lo  strumento  della   generalizzata
negoziazione collettiva nazionale privatistica. 
    Si ribadisce  che  il  ricorrente  personale  e'  strumentale  ed
essenziale alla realizzazione in concreto della giurisdizione. 
    Siffatta  circostanza  implica  che  il  regime  retributivo  dei
ricorrenti  debba  essere  stabilito  in  applicazione  di   appositi
autonomi parametri di valutazione e  di  giudizio  che  certamente  e
secondo ragione non possono  essere  riconducibili  a  quelli  sinora
applicati, stante la strutturale differenziazione  delle  funzioni  e
dei compiti d'ufficio e delle responsabilita'  proprie  ed  esclusive
del ricorrente personale giudiziario. 
    Allo stato la retribuzione corrisposta alle varie qualifiche  del
personale delle  cancellerie  e  segreterie  giudiziarie,  parificate
forzosamente  dagli  accordi  collettivi  in  vigore  a  quello   del
personale meramente amministrativo, delle  pubbliche  amministrazioni
non e' idonea ad adeguatamente remunerare la  prestazione  lavorativa
del personale delle  cancellerie  e  segreterie  giudiziarie  che  e'
qualificato  nell'intrinseco  dall'elevata  capacita'   professionale
richiesta ed occorrente per l'adempimento dei tipici  ed  compiti  di
ufficio presso le cancellerie e  segreterie  giudiziarie  comportanti
responsabilita' dirette e personali. 
    In siffatta prospettazione l'inadeguato  trattamento  retributivo
riservato  dall'ordinamento  al   personale   delle   cancellerie   e
segreterie giudiziarie confligge con il comma 1  dell'art.  36  della
Costituzione  che  assicura  al  lavoratore  il   diritto   "ad   una
retribuzione proporzionata alla quantita' ed alla  qualita'  del  suo
lavoro". 
    Il  comma  l  dell'art.  36  Cost.  ha  carattere  precettivo  di
immediata applicazione.  L'art.  36,  comma  1  Cost.  disciplina  un
diritto costituzionale della persona vale a dire un diritto  assoluto
della personalita' inviolabile ad opera di qualsivoglia fonte  legale
regolativa del rapporto di lavoro .  In  quanto  diritto  inviolabile
della  persona  nel  lavoro   il   diritto   "ad   una   retribuzione
proporzionata alla quantita' e qualita'" della prestazione  sostanzia
un diritto fondamentale irrinunciabile. 
    L'art. 36 Cost., per concorde giurisprudenza  ha  un'applicazione
"erga omnes". L'art. 36, comma 1 Cost. si applica anche  al  rapporto
di pubblico impiego. 
    Ne  consegue  che  il  rilevato  appiattimento  retributivo   che
colpisce  ingiustamente  i  ricorrenti  lavoratori  della   giustizia
addetti alle  cancellerie  e  segreterie  giudiziarie  offre  fondato
sospetto di incostituzionalita' per contrasto con l'art. 36, comma  1
Cost. di una serie di norme  contenute  nel  decreto  legislativo  n.
165/2001, che per la complessiva strutturazione, nel regolamentare il
regime contrattuale del personale  alle  dipendenze  delle  pubbliche
amministrazioni,  precludono  il  conferimento  al  personale   delle
cancellerie  e  segreterie  giudiziarie  di  un  appropriato   regime
retribuivo  logicamente  e  sinallagmaticamente  proporzionato   alla
elevata qualita' dell'attivita' lavorativa prestata. 
    Trattasi: dell'art.  40,  comma  1  del  decreto  legislativo  n.
165/2001, primo periodo, laddove con precetto di portata generale  ed
indistinta prescrive: "la  contrattazione  collettiva  disciplina  il
rapporto di lavoro e le relazioni sindacali con le modalita' previste
dal presente decreto; dell'art. 40, comma 2 del  decreto  legislativo
n. 165/2001, primo periodo, laddove, sempre con precetto  di  portata
generale ed indistinta,  prescrive:  "Tramite  appositi  accordi  tra
l'ARAN e le confederazioni rappresentative secondo  le  procedure  di
cui agli articoli 41, comma 5 e 47, senza nuovi o maggiori oneri  per
la finanza pubblica, sono definiti fino  ad  un  massimo  di  quattro
comparii di contrattazione collettiva ..."; dell'art. 45, comma 1 del
decreto  legislativo  n.  165/2001  secondo   cui   "Il   trattamento
fondamentale ed accessorio fatto salvo quanto previsto dall'art.  40,
commi 3-ter e 3-quater e dall'art. 47-bis, comma 1, e'  definito  dai
contratti collettivi". 
    Le  riferite  prescrizioni  non  lasciano   spazio   alcuno   per
consentire apposita  valorizzazione  alla  specifica  qualita'  della
prestazione   lavorativa   presso   le   cancellerie   e   segreterie
giudiziarie. 
    Ed invero, in applicazione  delle  norme  in  esame  del  decreto
legislativo  n.  165/2001,  si  e'  stipulato  l'Accordo   collettivo
nazionale quadro 13 luglio 2016 per la definizione  "dei  comparti  e
delle  aree  di  Contrattazione  collettiva  nazionale".   L'art.   2
dell'accordo   "Determinazione   dei   compili   di    contrattazione
collettiva" ha  stabilito  che  i  dipendenti  delle  amministrazioni
pubbliche  dovessero  aggregarsi  nei  comparti   di   contrattazione
collettiva: A) Comparto delle funzioni centrali,  B)  Comparto  delle
funzioni locali, C) Comparto  dell'istruzione  e  della  ricerca,  D)
Comparto della sanita'. L'art. 3, con prescrizione omnicomprensiva ha
incluso nel Comparto  di  contrattazione  collettiva  delle  funzioni
centrali il ricorrente personale dei ministeri nell'ambito del  quale
e' incluso anche il personale non dirigenziale  del  Ministero  della
giustizia. 
    Il successivo C.C.N.L. 23 dicembre 2017 relativo al personale del
Comparto  funzioni  centrali  triennio   2016-2018,   nonostante   la
specificita' delle  funzioni  proprie  del  personale  giudiziario  e
l'elevata  qualita'  della   prestazione   professionale   resa,   ha
assoggettato  i  ricorrenti  al  medesimo   trattamento   retributivo
stabilito per il personale ministeriale addetto a mansioni  meramente
amministrative. 
    E' dunque palese l'effrazione del comma  1  dell'art.  36  Cost.,
atteso che, nella specie,  le  dianzi  riportate  norme  del  decreto
legislativo 165/2001, e gli accordi collettivi di esse applicativi in
conformita'  ad  esse,  escludono  qualsivoglia  riconoscimento   e/o
considerazione in termini economici riguardo il ricorrente  personale
nonostante  la  ben  distinta  posizione  giuridica,   qualificazione
professionale  e  responsabilita'  tipiche  dei  dipendenti  pubblici
appartenente ai ruoli  delle  cancellerie  e  segreterie  giudiziarie
(personale    che    concorre    all'attuazione    della     finzione
giurisdizionale). 
    E'  peraltro  sintomatico  della  fondatezza   della   denunziata
violazione dell'art.  36  Cost.  il  differenziato  regime  riservato
dall'ordinamento al personale  della  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri. Riguardo tale personale il comma 3 dell'art. 74 del decreto
legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, ha  stabilito  tra  l'altro  che
"con uno o piu' decreti del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
sono determinati in attuazione dell'art. 2, comma 5,  della  legge  4
marzo  2009,  n.  15,  limiti  e  modalita'  di  applicazione   delle
disposizioni,  anche  inderogabili,   del   presente   decreto   alla
Presidenza del Consiglio dei ministri,  anche  con  riferimento  alla
definizione   del   comparto   di   contrattazione   collettiva,   in
considerazione  della  peculiarita'  del  relativo  ordinamento,  che
discende dagli articoli 92 e 95 della Costituzione ...". 
    Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5  novembre
2010, n. 226, la Presidenza del Consiglio  al  comma  1  dell'art.  3
(disposizioni in materia di contrattazione collettiva  nazionale)  ha
stabilito: l'ARAN, in base alle disposizioni impartite dal Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  attiva  una   distinta   ed   autonoma
contrattazione a livello nazionale per il  personale  dirigenziale  e
non,  del  comparto  autonomo  di  contrattazione  collettiva   della
Presidenza del Consiglio dei ministri". 
    Agli effetti delle surrichiamate prescrizioni il personale  della
Presidenza  gode  di  apposita  contrattazione  autonoma  e  separata
(comparto autonomo) che consente di valorizzare il lavoro prestato, e
cio' in ragionevole considerazione, come specificato  e  giustificato
dalla legge "della peculiarita' del relativo ordinamento che discende
dagli articoli  92  e  95  della  Costituzione".  In  buona  sostanza
l'ordinamento,  nel  prevedere  l'introduzione  di  una  distinta   e
autonoma contrattazione  in  favore  dei  pubblici  dipendenti  della
Presidenza ha riconosciuto la specificita' della prestazione  perche'
il personale concorre alla concreta diretta attuazione delle funzioni
costituzionali, di cui agli articoli  92  e  95  Cost.  (funzioni  di
Governo) e di conseguenza ha  ragionevolmente  osservato  l'art.  36,
comma  1  della  Cost.  venendo  ad  assicurare  ad  essi  un  regime
retributivo proporzionato alla qualita' del lavoro prestato. 
    Orbene la posizione giuridica dei ricorrenti, e'  identica  nella
sostanza a quella del personale della Presidenza del Consiglio atteso
che il personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie  concorre
al pari del personale della Presidenza alla realizzazione di funzioni
di rilievo costituzionale a mente degli articoli da 101 a  113  della
Costituzione (attuazione della giurisdizione) e, tuttavia, nonostante
la rilevata parita' di situazione di diritto e di fatto l'ordinamento
vigente alcun specifico rilievo riconosce al personale giudiziario. 
    Da quanto considerato sul punto ne deriva pertanto evidente,  non
soltanto la denunziata violazione dell'art. 36,  comma  1  Cost.,  ma
anche la violazione del principio di ragionevolezza e di  eguaglianza
innanzi alla legge scolpito dall'art. 3 della Costituzione che  vizia
il comma 3 dell'art. 74 del decreto legislative n. 150/2009  per  non
aver previsto la norma, in favore del personale delle  cancellerie  e
segreterie giudiziarie, lo stesso beneficio  giuridico  del  comparto
autonomo  di  Contrattazione  collettiva  nazionale  riconosciuto  in
manifesta  disparita'  di  trattamento  al   solo   personale   della
Presidenza del Consiglio dei ministri pur essendo identica la  natura
della prestazione di lavoro  connotata  in  entrambe  le  ipotesi  di
attivita' preordinata all'attuazione diretta di norme costituzionali. 
    Le prospettate questioni di costituzionalita' per  conflitto  "in
parte qua" con gli articoli 36, comma 1 e 3, comma 1 Cost. dispiegate
nei confronti del primo comma, primo periodo e secondo  comma,  primo
periodo dell'art. 40 del decreto legislativo n. 165/2001 e del  primo
comma dell'art. 45 dello stesso decreto legislativo n. 165/2001 e del
terzo comma dell'art. 74 del decreto legislativo n. 150/2009 appaiano
non manifestamente infondate e rilevanti ai fini della decisione  nel
merito del ricorso. Deve di conseguenza disporsi la  sospensione  del
giudizio  e  la  remissione  degli   atti   all'esame   della   Corte
costituzionale   ai   fini   del   controllo    della    legittimita'
costituzionale delle  impugnate  norme  del  decreto  legislativo  n.
165/2001 e del decreto legislativo n. 150/2009, che  illegittimamente
comprimono il fondato diritto e la fondata pretesa dei  ricorrenti  a
veder regolamentato il regime retributivo  del  proprio  rapporto  di
lavoro conformemente  ai  dettami  dell'art.  36,  comma  1  Cost.  e
dall'art. 3, comma 1 Cost.». 
    5. Ulteriormente, la parte ricorrente ha infine argomentato  come
appresso riportato. 
    «Sulla specialita' dello "status" della categoria  del  personale
delle cancellerie e segreterie. 
    A corollario dei motivi di diritto in precedenza dispiegati  deve
evidenziarsi  che  nei  confronti  del  ricorrente  personale   delle
cancellerie e segreterie giudiziarie l'art. 1 del decreto legislativo
1° dicembre 2009, n. 179 - "disposizioni legislative anteriori al  1°
gennaio 1970 di  cui  si  ritiene  indispensabile  la  permanenza  in
vigore, a norma dell'art. 14 della legge 29 novembre 2005, n. 246"  -
ha statuito l'esigenza  dell'indispensabile  mantenimento  in  vigore
dell'ordinamento  del  personale  delle  cancellerie   e   segreterie
giudiziarie disciplinato dalla legge 23 ottobre 1960, n. 1196 (all. 1
al decreto legislativo n. 179/2005, al n. 1686, articoli da 1  a  42,
articoli da 48 a 182 + tabelle allegate). 
    Come puo'  leggersi  nel  testo  della  legge  n.  1196/1960  gli
articoli da 1 a 42 regolamentano le  carriere  e  le  qualifiche  del
personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie. In  particolare
l'art. 1  distingue  il  personale  delle  cancellerie  e  segreterie
giudiziarie in carriera direttiva e di  concetto,  e  soprattutto  il
comma 2 dell'art. 1  statuisce:  il  personale  delle  cancellerie  e
segreterie giudiziarie fa parte dell'Ordiramento giudiziario. 
    La norma e' sintonica all'art. 108, comma  1  della  Costituzione
che ha stabilito: "le norme sull'ordinamento giudiziario  e  su  ogni
magistratura sono stabilite con legge". 
    Il vigente comma 2 dell'art. 1 della legge  n.  1196/1960,  norma
speciale,   non   e'   superata   ne'   abrogata   dalla   contestata
privatizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti e, per
l'effetto, preclude l'applicazione rigida del decreto legislativo  n.
165/2001 al ricorrente delle cancellerie e segreterie giudiziarie. 
    Ne consegue che a norma del comma 2 dell'art. 1  della  legge  n.
1196/1960 gli istanti  appartengono  ineludibilmente  all'ordinamento
giudiziario con tutte le conseguenze che ne derivano in tema di stato
giuridico ed economico. 
    In siffatta prospettazione con  il  presente  atto  i  ricorrenti
propongono domanda di accertamento e dichiarazione  dell'appartenenza
del   personale   delle   cancellerie   e   segreterie    giudiziarie
all'Ordinamento giudiziario». 
    Si e' costituita in giudizio il Ministero della  giustizia  e  la
Presidenza del Consiglio dei ministri resistendo alle avverse domande
e chiedendone il rigetto formulando. le seguenti conclusioni: «Voglia
codesto Ill.mo Tribunale di Roma, in accoglimento delle difese svolte
dalla scrivente difesa, e contrariis reiectis: 
        in via preliminare, accertare e dichiarare il proprio difetto
di giurisdizione, essendo il ricorso diretto a censurare  l'esercizio
e/o il mancato esercizio del potere legislativo; 
        in subordine, accertare e dichiarare il  proprio  difetto  di
competenza per materia a statuire sulle domande di cui all'avversario
ricorso, non riguardando il caso di specie alcuna della  controversia
di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile; 
        in via ulteriormente subordinata, accertare e  dichiarare  il
difetto di legittimazione passiva  di  entrambe  le  PPAA  resistenti
Ministero della giustizia e Presidenza del Consiglio dei ministri (o,
in  subordine,  almeno  della  sola  Presidenza  del  Consiglio   dei
ministri), e per l'effetto disporne l'estromissione dal giudizio; 
        in  via  ulteriormente  subordinata,  comunque  respingere  l
'avversario ricorso (e tutte le domande in esso contenute), in quanto
inammissibile (anche per difetto di interesse a ricorrere) e comunque
infondato e in alcun nodo provato,  accertando  e  dichiarando  -  in
particolare - la manifesta infondatezza delle sollevate questioni  di
legittimita' costituzionale. Vinte le spese di lite». 
 
                               Diritto 
 
    I. Ai fini del decidere la presente controversia, questo  giudice
ritiene di dover sollevare preliminarmente questione  incidentale  di
legittimita'  costituzionale  -  per  quale  eccepita   dalla   parte
ricorrente e riferita  nella  superiore  narrativa  in  fatto  -  del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, limitatamente ai  relativi
articoli: 2, commi 2 e 3; 3, comma 1; 40, comma 1, primo  periodo,  e
comma 2, primo periodo; 45, comma 1; nonche' 51, comma 1. E  cio'  in
relazione agli articoli 108, primo comma; 36, primo comma; e 3, primo
comma, della Costituzione, e  correlati  principi  di  uguaglianza  e
ragionevolezza. 
    II. Invero, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge  11
marzo 1953, n. 87, il giudice, ove  «non  ritenga  che  la  questione
sollevata sia  manifestamente  infondata,  emette  ordinanza  con  la
quale, riferiti i termini ed  i  motivi  della  istanza  con  cui  fu
sollevata la questione, dispone l'immediata trasmissione  degli  atti
alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso». 
    III. Nessun dubbio puo'  esservi  in  punto  di  rilevanza  della
questione sollevata dalla parte ricorrente: e',  infatti,  del  tutto
pacifico - com'e' scritto anche nel surriferito atto di parte  -  che
le  «prospettate  questioni  di  costituzionalita'   dispiegate   nei
confronti dei commi 2 e 3 dell'art.  2  del  decreto  legislativo  n.
165/2001, del primo comma dell'art.  3  del  decreto  legislativo  n.
165/2001, del primo comma dell'art. 51  del  decreto  legislativo  n.
165/2001, del primo  comma,  primo  periodo,  [e]  dell'art.  40  del
decreto legislativo n. 165/2001, del secondo  comma,  primo  periodo,
dell'art. 40 del decreto legislativo n.  165/2001,  del  primo  comma
dell'art. 45 del  decreto  legislativo  n.  165/20001,  appaiono  ...
rilevanti ai fini della decisione nel merito del ricorso atteso  che,
ove le impugnate prescrizioni del  decreto  legislativo  n.  165/2001
dovessero essere ritenute conformi  alla  Costituzione,  il  presente
ricorso dovrebbe essere respinto». Cio'  che,  ad  avviso  di  questo
giudice, e' assolutamente indubitabile. 
    IV. Rimane dunque da' scrutinare, quale  residua  condizione  del
potere-dovere di questo giudice di sollevare la prefata questione, la
non manifesta infondatezza di essa. 
    In   proposito,   merita   appunto   ricordarsi,   invero   quasi
tautologicamente, che il giudice a qua non e' mai chiamato a valutare
la fondatezza o l'infondatezza della  questione  che  gli  sia  stata
proposta  dalle  parti,  cio'  spettando  esclusivamente  alla  Corte
costituzionale; bensi' unicamente a verificare  che  tale  questione,
quand'anche egli la reputi  infondata,  non  gli  appaia  esser  tale
«manifestamente». 
    Non e'  necessario  spendere  molte  parole  per  affermare  che,
allorche'  si  e'  chiamati  a  giudicare   se   una   qualita'   sia
«manifestamente» (ossia in modo manifesto) riferibile a  un  concetto
(nella  specie:  giuridico),  l'esito  di  tale  giudizio  assuma  un
peculiare carattere di soggettivita':  e',  infatti,  intrinsecamente
soggettiva  la  valutazione  se  un  fatto,  che  pur  sussista,  sia
«manifesto», o meno (assai piu' oggettivo sarebbe valutare se  quello
stesso fatto sussista, o meno, prescindendo dal livello  di  evidenza
che se ne possa predicare). 
    Orbene, anche rispetto a tale generica  premessa  epistemologica,
la difficolta' di pervenire a un esito univoco e  oggettivo  di  tale
valutazione aumenta esponenzialmente, per il giudicante, in  presenza
d'una duplice circostanza che caratterizza la  specifica  vicenda  in
trattazione. 
    Si allude, da un lato, alla caratterizzazione  professionale  dei
soggetti ricorrenti, che quotidianamente operano, appunto, a fianco e
a supporto del giudice remittente: circostanza, questa, che se per un
verso e' stata correttamente posta a base della  sollevata  questione
di legittimita' costituzionale, per altro  verso  rende  pero'  ancor
meno agevole, per quel  giudice,  oggettivizzare  la  valutazione  in
discorso. 
    Nonche', dall'altro lato e soprattutto - e quand'anche si potesse
prescindere dal prefato profilo - alla tendenziale non spettanza,  al
giudice  a   quo,   della   valutazione   attinente   alla   corretta
perimetrazione  dei  limiti  intrinseci  della  discrezionalita'  del
legislatore. 
    Dispone, infatti, l'art. 28 della citata legge n. 87 del 1953 che
«Il controllo di legittimita' della Corte costituzionale su una legge
o un atto avente forza di legge esclude ogni  valutazione  di  natura
politica e ogni  sindacato  sull'uso  del  potere  discrezionale  del
Parlamento»: da cui pare doveroso trarre il corollario che non spetta
al giudice remittente pregiudicare, in sede  di  delibazione  di  non
manifesta infondatezza della  questione  sollevata  dalle  parti,  la
cognizione  di  quali  possano  essere  gli  estremi   limiti,   vuoi
estrinseci vuoi intrinseci, di tale delicatissimo sindacato che  solo
il giudice delle  leggi  puo'  avere  sul  corretto  uso  del  potere
discrezionale del legislatore. 
    E' alla stregua di siffatte  considerazioni  che  si  ritiene  di
concludere, nei  ristretti  limiti  della  delibazione  spettante  al
giudice a quo, nel  senso  della  non  manifesta  infondatezza  della
questione che e' stata sollevata dalla parte qui ricorrente. 
    V. In conclusione, vanno disposte  la  sospensione  del  presente
giudizio e la trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale,
secondo le modalita' indicate in dispositivo.